di Luca MAZZUCCO

“Che fine ha fatto il mio bambino? Cosa sta succedendo? Cosa devo fare?”. Si tratta di domande che molti genitori si pongono davanti al proprio figlio adolescente. Paura, senso di inadeguatezza, rabbia, prendono il posto della gioia provata precedentemente. Lo Psicologo può aiutare a superare questo periodo difficile, cogliendone anche le opportunità. 


Che fine ha fatto il mio bambino?”. Ogni genitore, davanti al proprio figlio adolescente, si è posto almeno una volta questa domanda. Il passaggio adolescenziale rappresenta infatti una fase complessa nello sviluppo dei ragazzi, ma costituisce anche una difficile prova delle capacità genitoriali e delle relazioni familiari.

I ragazzi scoprono un mondo completamente nuovo e inesplorato. Iniziano un nuovo viaggio, fatto di momenti esaltanti e situazioni difficili, un lungo percorso sulle “montagne russe” dell’adolescenza.

Vogliono essere trattati come degli adulti, ma per molti aspetti sono ancora dei bambini.

Si sentono indipendenti, ma hanno bisogno di essere guidati e sostenuti.

Pretendono una propria privacy e propri spazi, ma vogliono che la mamma si occupi della pulizia della loro camera e dei loro vestiti.

Intraprendono nuove relazioni, amicali e sentimentali, che influenzano profondamente il loro modo di comportarsi, di pensare, di rappresentare se stessi e gli altri (genitori in particolare).

Il genitore, quando il figlio entra nell’adolescenza, trova davanti a se un “alieno”. Compare uno sconosciuto proveniente da un pianeta estraneo. Mutato fisicamente, utilizza un linguaggio fatto di parole e suoni sconosciuti, adotta usi, costumi e comportamenti che nulla hanno a che fare col contesto in cui ha vissuto fino a quel momento. 

Per il genitore tutto appare incoerente e incomprensibili. 

La gioia che Mamma e Papà provavano nel stare col proprio figlio si trasforma rapidamente in sentimento di paura per il futuro, di confusione sul cosa sta succedendo, di senso di inadeguatezza verso le proprie capacità genitoriali, di frustrazione verso l'incapacità di ottenere qualsiasi risultato, di rabbia verso un figlio che è diventato irriconoscibile. Può così iniziare un circolo vizioso che deteriora le relazioni con l’alieno, ma anche con il coniuge e con gli altri componenti della famiglia.

A tutto questo si aggiunge una importante differenza tra il modo di ragionare dei genitori e dell’alieno. 

L’adulto, tipicamente, tende ad ascoltare, comprendere e analizzare le nuove usanze, per arrivare a suggerire quella che potrebbe essere la soluzione migliore.

L’adolescente preferisce mettere tutto in discussione, adattare ogni novità al proprio modo di vedere la realtà, tende ad estremizzare ogni decisione (non dimentichiamo che l’adolescenza è l’età degli estremi).

È quindi evidente come la fase adolescenziale di un figlio, o di una figlia, rappresenti un momento difficile, per il ragazzo, per i genitori, ma anche per la stabilità familiare nel suo complesso.

Si tratta di una fase in cui tutti i membri della famiglia devono costruire un nuovo modo di stare insieme, di relazionarsi, di capirsi e confrontarsi. Si tratta di cambiamenti spesso difficili, che solo se raggiunti efficacemente permetteranno uno sviluppo sano di tutti i componenti del nucleo familiare e della famiglia stessa.

I compiti dei genitori di un adolescente sono quindi molteplici e molto complessi:

guidare il ragazzo a trovare un punto di incontro tra i due mondi che vengono a contatto

- definire con lui le regole da osservare nel “nuovo mondo”

- fargli sperimentare in autonomia il nuovo mondo lasciando scontrare con le difficoltà, all’interno però di limiti ben

  definiti e condivisi

- capire cosa rappresenta la “normalità” nei comportamenti del proprio figlio e cosa invece potrebbe rappresentare

  un "campanello di allarme", una difficoltà che, se non gestita adeguatamente, potrebbe sfociare in problematiche

  in grado di condizionare la vita futura del ragazzo e della intera famiglia

Ma campanelli d’allarme, regole e limiti non sono uguali per ogni adolescente. Vanno ritagliate su misura, in base al grado di maturazione fisica e psicologica del ragazzo e in base ai valori educativi che i genitori vogliono trasmettere al proprio figlio.

Nelle situazioni di difficoltà lo Psicologo può aiutare genitori e adolescenti a vivere più serenamente questo periodo cosi complesso, ma alla stesso tempo affascinante e pieno di opportunità. Lo Psicologo può:

ascoltare le esigenze sia dei genitori che dell’adolescente

- identificare un linguaggio comune di dialogo tra i vari componenti della famiglia

- fornire una prima mediazione tra i due mondi in conflitto

- definire, insieme a figli e genitori, le regole e i limiti da osservare

- aiutare i genitori a identificare tempestivamente i “campanelli di allarme”

- sostenere i genitori nella loro opera di “guida” del figlio nel nuovo mondo

- insegnare a genitori e figli nuove modalità di confronto, con l’obiettivo di incrementare l’autonoma della famiglia nell’affrontare positivamente i problemi futuri 




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